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Durante una conferenza sui programmi di studio internazionali, svoltasi a Bruxelles il 6 giugno 2013, la League of European Research Universities (LERU) ha presentato un documento dal titolo International Curricula and Student Mobility.
Bart De Moor, pro rettore della Katholieke Universiteit di Lovanio (Belgio) e curatore del rapporto, nel suo intervento di presentazione si è soffermato sulla crisi che sembra aver investito il programma Erasmus, uno dei programmi di scambio studentesco di maggior successo al mondo. Si vocifera, infatti, che Erasmus, capace di consentire a circa 230.000 studenti l'anno di fare un'esperienza di studi all'estero, abbia raggiunto i propri limiti, con un numero di candidati ormai in stallo.
Per De Moor, a danneggiare Erasmus sono stati gli enormi costi amministrativi e la mancanza di personale che avrebbe potuto assicurare una gestione appropriata. Il budget allocato dall'Unione europea e dalle agenzie nazionali, difatti, non è cresciuto in proporzione al numero dei partecipanti. E se le adesioni degli studenti crescono, rimangono nel complesso in numero esiguo, per motivi economici, per la mancanza di una reale conoscenza del programma, per i problemi di riconoscimento dei crediti e dei corsi di laurea e, infine, per il generale timore di ritardi nel terminare gli studi.
Nonostante il nuovo programma proposto dalla Commissione Europea (Erasmus for All che nel frattempo ha cambiato denominazione e ora si chiama Erasmus+) previsto per il periodo 2014-20, sia stato creato per correggere proprio alcune di queste deficienze, resta ancora molto da fare.
Dalla conferenza è emersa la necessità di rendere il programma più flessibile, non solo nella progettazione ma anche nella realizzazione. Una delle raccomandazioni chiave del report LERU è quella di consentire le collaborazioni internazionali con due soli partner, piuttosto che con un minimo di tre. De Moor ha altresì sottolineato l'esigenza di un più cospicuo finanziamento agli atenei, ricordando che una delle aspirazioni dell'UE è che entro il 2020 il 20% di tutti gli studenti faccia un'esperienza internazionale durante l'istruzione terziaria. Ci si è rivolti, infine, ai governi nazionali, perché si impegnino a rimuovere le barriere al riconoscimento dei titoli, come già asserito dai ministri dell'istruzione EU lo scorso anno a Bucarest.
Elena Cersosimo (17 settembre 2013)
(Fonte: University World News, Erasmus faces demand and management problems - LERU, del 15 giugno 2013)
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