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I prestiti universitari in Italia: le ragioni del fallimento passato (e futuro)
 


Pubblichiamo uno stralcio dell'articolo di Federica Laudisa (Osservatorio regionale per l'Università e per il Diritto allo studio universitario - Regione Piemonte) sulla storia recente dei prestiti universitari in Italia. L'articolo è disponibile sul sito ROARS - Return on Academic ReSearch, oppure cliccando qui.

 

La politica dei prestiti agli studenti universitari in Italia rappresenta un buon esempio di cattiva politica, come non dovrebbe essere "governato" un intervento perché funzioni. In questo senso è un caso che fa scuola (...).

I prestiti d'onore sono stati disciplinati per la prima volta in Italia una ventina di anni fa dall'art. 16 della legge quadro sul diritto allo studio universitario, la legge n. 390/91. Si trattava di una norma per certi versi all'avanguardia perché stabiliva delle condizioni piuttosto garantiste per lo studente, non molto dissimili da quelle attualmente in vigore nel sistema di sostegno tedesco: il prestito, a tasso zero, poteva essere concesso solo agli aventi diritto alla borsa di studio; la restituzione, rateale, doveva avvenire non prima dell'inizio di un'attività lavorativa; la rata del rimborso non poteva superare il 20% del reddito del beneficiario.

(...)

Una decina di anni dopo, agli inizi del 2000, i comportamenti finanziari delle famiglie italiane sono cambiati, l'avversione all'indebitamento - sebbene sempre forte in comparazione ad altri paesi - si attenua. In questo mutato contesto culturale si inseriscono due contigui provvedimenti:

  • il Fondo per il sostegno dei giovani e per favorire la mobilità degli studenti da ripartire "tra le università per il finanziamento di progetti sperimentali ed innovativi proposti dalle Regioni [...] per la concessione agli studenti di prestiti d'onore" (DM 23 ottobre 2003, art. 7);
  • un Fondo una tantum di 10 milioni di euro, ripartito tra tutte le Regioni, per la costituzione di garanzie sul rimborso dei prestiti fiduciari agli studenti e per la eventuale corresponsione di contributi in conto interessi ai capaci e meritevoli privi di mezzi (legge finanziaria 2004, art. 4, co. 99, 100 e 102).

Quali sono stati gli esiti? In entrambi i casi assai modesti. Nel complesso gli studenti che hanno acceso un prestito d'onore o un prestito fiduciario non raggiungono lo 0,1% del totale della popolazione studentesca, con una lieve maggiore "riuscita" dei primi rispetto ai secondi (...).

Rimane da chiarire perché il ricorso al prestito, comunque denominato, sia stato così esiguo.

Certamente lo scarso successo non è motivabile con l'eccessiva rigidità normativa (come fu detto per l'art. 16 della l. 390/91) considerato che il legislatore diede autonomia agli atenei e alle Regioni nella definizione delle condizioni di erogazione del prestito. Il convincimento è che siano proprio queste ultime ad avere disincentivato l'accesso al credito, seppure agevolato in quanto basato sull'onore quindi senza la necessità di prestare garanzie. L'applicazione di un tasso di interesse intorno al 6% e l'obbligo di restituzione dopo un anno - in alcuni (pochi) casi due anni - dal termine del finanziamento, indipendentemente dalla situazione occupazionale e dall'eventuale reddito percepito dallo studente debitore, non sono termini tali da far superare o quantomeno attenuare la forte avversione al rischio radicata nel nostro Paese. A fronte di un possibile fallimento dell'investimento in istruzione, non da escludere alla luce della critica situazione del mercato del lavoro in Italia, lo studente - che poteva indebitarsi fino a 15.000 euro - restava senza tutele.

Infine, la diffusione a macchia di leopardo dei progetti di prestiti non ha consentito a tutti di poterne usufruire: i prestiti d'onore furono avviati soltanto da una ventina di atenei (su un totale di oltre ottanta), quasi tutti situati nel nord Italia; i prestiti fiduciari da meno di una decina di enti regionali anche in questo caso concentrati al Nord (...).

 

Nel 2008, il Ministero delle Politiche giovanili - in collaborazione con il Ministero per le Riforme e le Innovazioni nelle PA e il MIUR - realizza a livello nazionale un ulteriore progetto denominato "Diamogli credito". E' istituito un Fondo pari a 33 milioni di euro, di durata triennale, a garanzia delle somme prestate agli studenti dagli istituti di credito aderenti all'iniziativa. (...)

Nel 2010 il progetto DiamogliCredito si trasforma in Diamogli Futuro: il Fondo per il credito ai giovani è lo stesso, seppure con una rimanente minore dotazione finanziaria, pari a 19 milioni di euro, ma cambia la "destinazione d'uso": serve a garantire il finanziamento degli studi a studenti meritevoli, iscritti a corsi di laurea o post-laurea, per un ammontare massimo di 5.000 euro l'anno. Lo studente può cumulare fino a 25.000 euro di debito da restituire dopo due anni e mezzo dall'ultima rata di finanziamento, al tasso di interesse applicato dall'istituto di credito convenzionato, e all'uopo venne stipulato un nuovo protocollo d'intesa tra il ri-nominato Ministero della Gioventù e l'ABI.

Si ignora quanti prestiti siano stati accordati tramite questo progetto, che di fatto ha preso avvio dall'a. a. 2011/12, ma si immagina che sia ben lontano dai 19.000 beneficiari previsto dall'allora Ministro Meloni (...).

 

Federica Laudisa
(25 giugno 2012)

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